Archivio mensile:dicembre 2008

Auguri utili per il 2009

Tentativo di formulare auguri, andando contro la vuota retorica delle feste comandate.

Il Capodanno di solito fa nascere negli esseri umani la voglia di fare bilanci per l’anno appena passato e di formulare auguri per l’anno che deve venire. Capita spesso purtroppo, che questa voglia si risolva in una serie di considerazioni banali e di auguri foderati di retorica. Su tutti trionfa l’augurio collettivo che il nuovo anno sia l’anno decisivo per la pace nel mondo.


Se vogliamo davvero un 2009 sereno e felice per tutti è bene che ci tiriamo su le maniche e cominciamo a metterci un pò d’azione. Sì, è vero, noi possiamo far poco ma, questa non deve essere la scusa per non fare niente.
Allora invece di intasare televisioni, giornali, telefonini, caselle di posta elettronica e siti web di ciarpame, diamoci da fare attivamente, per esempio, in modo che i precari non siano più tali, che i mutui non dissanguino le famiglie, che i giovani abbiano qualche prospettiva di futuro che valga più della droga e dell’alcool di cui s’imbottiscono fino a morirne. Chi non paga le tasse, le paghi. Chi vive di truffe e rapine, cambi mestiere. Chi sfrutta i propri dipendenti, chi non fa il proprio dovere, sia esso pubblico o privato, dirigente o manovale, cominci a mettersi in regola o venga denunciato.
Altrimenti sono solo parole vuote.
Se vogliamo la pace nel mondo, se la vogliamo veramente, lottiamo contro la potentissima lobby dei venditori di armi, creiamo movimenti d’opinione che boicottino i governi dittatoriali, la corruzione politica, la prevaricazione dei forti contro i deboli a tutti i livelli. Combattiamo l’ignoranza e la povertà con ogni mezzo noto e, se non basta, inventiamocene di migliori. Risolviamo il problema dell’energia e della carenza di petrolio.
Altrimenti sono solo parole vuote.
Siamo davvero stanchi della vuota retorica che si ripete immutata ad ogni fine d’anno. Siamo stanchi di vedere telegiornali e varietà che sparano oroscopi a raffica senza spiegare alla gente che si tratta di vaneggiamenti privi di alcun fondamento scientifico. Siamo stanchi di vedere astrologi che si arricchiscono ai danni della credulità popolare e che in una società intellettualmente più matura sarebbero mandati a lavorare in miniera (possibilmente quelle della Cina o della Russia).

Forse il tentativo è andato a vuoto, forse nella retorica ci sono caduto anch’io,
comunque sia, Auguri di un Buon 2009

Auguri utili per il 2009

Tentativo di formulare auguri, andando contro la vuota retorica delle feste comandate.

Il Capodanno di solito fa nascere negli esseri umani la voglia di fare bilanci per l’anno appena passato e di formulare auguri per l’anno che deve venire. Capita spesso purtroppo, che questa voglia si risolva in una serie di considerazioni banali e di auguri foderati di retorica. Su tutti trionfa l’augurio collettivo che il nuovo anno sia l’anno decisivo per la pace nel mondo.


Se vogliamo davvero un 2009 sereno e felice per tutti è bene che ci tiriamo su le maniche e cominciamo a metterci un pò d’azione. Sì, è vero, noi possiamo far poco ma, questa non deve essere la scusa per non fare niente.
Allora invece di intasare televisioni, giornali, telefonini, caselle di posta elettronica e siti web di ciarpame, diamoci da fare attivamente, per esempio, in modo che i precari non siano più tali, che i mutui non dissanguino le famiglie, che i giovani abbiano qualche prospettiva di futuro che valga più della droga e dell’alcool di cui s’imbottiscono fino a morirne. Chi non paga le tasse, le paghi. Chi vive di truffe e rapine, cambi mestiere. Chi sfrutta i propri dipendenti, chi non fa il proprio dovere, sia esso pubblico o privato, dirigente o manovale, cominci a mettersi in regola o venga denunciato.
Altrimenti sono solo parole vuote.
Se vogliamo la pace nel mondo, se la vogliamo veramente, lottiamo contro la potentissima lobby dei venditori di armi, creiamo movimenti d’opinione che boicottino i governi dittatoriali, la corruzione politica, la prevaricazione dei forti contro i deboli a tutti i livelli. Combattiamo l’ignoranza e la povertà con ogni mezzo noto e, se non basta, inventiamocene di migliori. Risolviamo il problema dell’energia e della carenza di petrolio.
Altrimenti sono solo parole vuote.
Siamo davvero stanchi della vuota retorica che si ripete immutata ad ogni fine d’anno. Siamo stanchi di vedere telegiornali e varietà che sparano oroscopi a raffica senza spiegare alla gente che si tratta di vaneggiamenti privi di alcun fondamento scientifico. Siamo stanchi di vedere astrologi che si arricchiscono ai danni della credulità popolare e che in una società intellettualmente più matura sarebbero mandati a lavorare in miniera (possibilmente quelle della Cina o della Russia).

Forse il tentativo è andato a vuoto, forse nella retorica ci sono caduto anch’io,
comunque sia, Auguri di un Buon 2009

Auguri utili per il 2009

Tentativo di formulare auguri, andando contro la vuota retorica delle feste comandate.

Il Capodanno di solito fa nascere negli esseri umani la voglia di fare bilanci per l’anno appena passato e di formulare auguri per l’anno che deve venire. Capita spesso purtroppo, che questa voglia si risolva in una serie di considerazioni banali e di auguri foderati di retorica. Su tutti trionfa l’augurio collettivo che il nuovo anno sia l’anno decisivo per la pace nel mondo.


Se vogliamo davvero un 2009 sereno e felice per tutti è bene che ci tiriamo su le maniche e cominciamo a metterci un pò d’azione. Sì, è vero, noi possiamo far poco ma, questa non deve essere la scusa per non fare niente.
Allora invece di intasare televisioni, giornali, telefonini, caselle di posta elettronica e siti web di ciarpame, diamoci da fare attivamente, per esempio, in modo che i precari non siano più tali, che i mutui non dissanguino le famiglie, che i giovani abbiano qualche prospettiva di futuro che valga più della droga e dell’alcool di cui s’imbottiscono fino a morirne. Chi non paga le tasse, le paghi. Chi vive di truffe e rapine, cambi mestiere. Chi sfrutta i propri dipendenti, chi non fa il proprio dovere, sia esso pubblico o privato, dirigente o manovale, cominci a mettersi in regola o venga denunciato.
Altrimenti sono solo parole vuote.
Se vogliamo la pace nel mondo, se la vogliamo veramente, lottiamo contro la potentissima lobby dei venditori di armi, creiamo movimenti d’opinione che boicottino i governi dittatoriali, la corruzione politica, la prevaricazione dei forti contro i deboli a tutti i livelli. Combattiamo l’ignoranza e la povertà con ogni mezzo noto e, se non basta, inventiamocene di migliori. Risolviamo il problema dell’energia e della carenza di petrolio.
Altrimenti sono solo parole vuote.
Siamo davvero stanchi della vuota retorica che si ripete immutata ad ogni fine d’anno. Siamo stanchi di vedere telegiornali e varietà che sparano oroscopi a raffica senza spiegare alla gente che si tratta di vaneggiamenti privi di alcun fondamento scientifico. Siamo stanchi di vedere astrologi che si arricchiscono ai danni della credulità popolare e che in una società intellettualmente più matura sarebbero mandati a lavorare in miniera (possibilmente quelle della Cina o della Russia).

Forse il tentativo è andato a vuoto, forse nella retorica ci sono caduto anch’io,
comunque sia, Auguri di un Buon 2009

The Smiths – The Queen is Dead (1986)

Esiste una teoria secondo cui gli anni Ottanta britannici hanno prodotto solo due nomi da salvare: Smiths e Japan. Gruppi presuntuosi quanto si vuole ma almeno capaci di musica vera. Eppure all’epoca soprattutto gli Smiths lasciavano qualche dubbio. Sono bravi, bravissimi nei pochi minuti di un 45 giri – si diceva di loro – meno quando si tratta di reggere i tre quarti d’ora di un album, niente vero per quel che mi riguarda.
Sì, in “The Smiths” e in “Meat is murder” ci sono dei vistosi cali di tensione ma, in “The Queen is Dead” no, è perfetto dall’inizio alla fine come non era accaduto prima e non sarebbe accaduto poi.

“The Queen is Dead” è stato il punto più alto della carriera degli Smiths e può essere considerato il ritratto dell’Inghilterra del ‘900 secondo Morrissey che, al di là del suo ostentato egocentrismo è riuscito a regalarci canzoni uniche, immediate e nello stesso tempo con una presa lirica inimitabile.
Gli elementi dei testi sono: l’amore, la morte e soprattutto un grande senso dell’umor. Le parole sono sottili e genialmente ambigue. Morrissey fruga nella letteratura (Oscar Wilde) e nella cinematografia (le loro copertine hanno sempre riferimenti cinematografici) ma riesce ad imprimere sempre il suo marcato senso autoironico. Ma, bisogna ricordare che, le parole di Morrissey non sarebbero così efficaci senza le melodie perfette del chittarista Johnny Marr, che all’epoca seppe far canticchiare chissà quanti loro fans.
Queste due anime del gruppo, hanno creato un marchio di fabbrica inimitabile, quella di Morrissey, decadente, tormentata e sentimentale, sempre in bilico tra genialità e auto-flagellazione, tra sguardo crudo sul mondo e sfrenato intimismo, e quella del chitarrista Johnny Marr, tutta fatta di strepitose intuizioni musicali.
Fu un “matrimonio” perfetto che raggiunse l’apice proprio i quegli anni Ottanta, senza essere superati nel futuro da nessuno, nemmeno dalle loro singole prove. 4,5/5

The Smiths – The Queen is Dead (1986)

Esiste una teoria secondo cui gli anni Ottanta britannici hanno prodotto solo due nomi da salvare: Smiths e Japan. Gruppi presuntuosi quanto si vuole ma almeno capaci di musica vera. Eppure all’epoca soprattutto gli Smiths lasciavano qualche dubbio. Sono bravi, bravissimi nei pochi minuti di un 45 giri – si diceva di loro – meno quando si tratta di reggere i tre quarti d’ora di un album, niente vero per quel che mi riguarda.
Sì, in “The Smiths” e in “Meat is murder” ci sono dei vistosi cali di tensione ma, in “The Queen is Dead” no, è perfetto dall’inizio alla fine come non era accaduto prima e non sarebbe accaduto poi.

“The Queen is Dead” è stato il punto più alto della carriera degli Smiths e può essere considerato il ritratto dell’Inghilterra del ‘900 secondo Morrissey che, al di là del suo ostentato egocentrismo è riuscito a regalarci canzoni uniche, immediate e nello stesso tempo con una presa lirica inimitabile.
Gli elementi dei testi sono: l’amore, la morte e soprattutto un grande senso dell’umor. Le parole sono sottili e genialmente ambigue. Morrissey fruga nella letteratura (Oscar Wilde) e nella cinematografia (le loro copertine hanno sempre riferimenti cinematografici) ma riesce ad imprimere sempre il suo marcato senso autoironico. Ma, bisogna ricordare che, le parole di Morrissey non sarebbero così efficaci senza le melodie perfette del chittarista Johnny Marr, che all’epoca seppe far canticchiare chissà quanti loro fans.
Queste due anime del gruppo, hanno creato un marchio di fabbrica inimitabile, quella di Morrissey, decadente, tormentata e sentimentale, sempre in bilico tra genialità e auto-flagellazione, tra sguardo crudo sul mondo e sfrenato intimismo, e quella del chitarrista Johnny Marr, tutta fatta di strepitose intuizioni musicali.
Fu un “matrimonio” perfetto che raggiunse l’apice proprio i quegli anni Ottanta, senza essere superati nel futuro da nessuno, nemmeno dalle loro singole prove. 4,5/5

The Smiths – The Queen is Dead (1986)

Esiste una teoria secondo cui gli anni Ottanta britannici hanno prodotto solo due nomi da salvare: Smiths e Japan. Gruppi presuntuosi quanto si vuole ma almeno capaci di musica vera. Eppure all’epoca soprattutto gli Smiths lasciavano qualche dubbio. Sono bravi, bravissimi nei pochi minuti di un 45 giri – si diceva di loro – meno quando si tratta di reggere i tre quarti d’ora di un album, niente vero per quel che mi riguarda.
Sì, in “The Smiths” e in “Meat is murder” ci sono dei vistosi cali di tensione ma, in “The Queen is Dead” no, è perfetto dall’inizio alla fine come non era accaduto prima e non sarebbe accaduto poi.

“The Queen is Dead” è stato il punto più alto della carriera degli Smiths e può essere considerato il ritratto dell’Inghilterra del ‘900 secondo Morrissey che, al di là del suo ostentato egocentrismo è riuscito a regalarci canzoni uniche, immediate e nello stesso tempo con una presa lirica inimitabile.
Gli elementi dei testi sono: l’amore, la morte e soprattutto un grande senso dell’umor. Le parole sono sottili e genialmente ambigue. Morrissey fruga nella letteratura (Oscar Wilde) e nella cinematografia (le loro copertine hanno sempre riferimenti cinematografici) ma riesce ad imprimere sempre il suo marcato senso autoironico. Ma, bisogna ricordare che, le parole di Morrissey non sarebbero così efficaci senza le melodie perfette del chittarista Johnny Marr, che all’epoca seppe far canticchiare chissà quanti loro fans.
Queste due anime del gruppo, hanno creato un marchio di fabbrica inimitabile, quella di Morrissey, decadente, tormentata e sentimentale, sempre in bilico tra genialità e auto-flagellazione, tra sguardo crudo sul mondo e sfrenato intimismo, e quella del chitarrista Johnny Marr, tutta fatta di strepitose intuizioni musicali.
Fu un “matrimonio” perfetto che raggiunse l’apice proprio i quegli anni Ottanta, senza essere superati nel futuro da nessuno, nemmeno dalle loro singole prove. 4,5/5

La libertà e la giustizia #3/7

scritto da Albert Einstein (prima parte)(seconda parte)

Il sistema economico ostacola la libera evoluzione. A mio avviso l’attuale decadenza sociale dipende dal fatto che lo sviluppo dell’economia e della tecnica ha gravemente esacerbato la lotta per l’esistenza e quindi la libera evoluzione degli individui ha subìto durissimi colpi. Ma per soddisfare i bisogni della comunità, il progresso della tecnica esige oggi dagli individui un’attività assai minore. La divisione razionale del lavoro diverrà una necessità sempre più imperiosa e porterà alla sicurezza materiale degli uomini.

E questa sicurezza, unita al tempo e all’energia che resterà disponibile, può essere un elemento favorevole allo sviluppo della personalità. In questo modo la società può ancora guarire e noi vogliamo sperare che gli storici futuri presenteranno le manifestazioni patologiche del nostro tempo come le malattie infantili di una umanità dalle possenti aspirazioni, provocate dalla corsa troppo rapida della civiltà.
Sono fermamente convinto che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero spingere l’umanità più avanti anche se esse si trovassero nelle mani di un uomo totalmente consacrato all’evoluzione del genere umano. Solo l’esempio di personalità grandi e pure può condurre a nobili pensieri e ad elette azioni. Il denaro suscita soltanto egoismo e spinge sempre, irresistibilmente, a farne cattivo uso. Si possono immaginare Mosè, Gesù o Gandhi armati della borsa di Carnegie? Ben singolare è la situazione di noialtri mortali. Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito. Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia.
Ecco il mio costante pensiero di ogni giorno: la vita esteriore ed interiore dipende dal lavoro dei contemporanei e da quello dei predecessori; io devo sforzarmi di dar loro, in eguale misura, ciò che ho ritenuto e ciò che ancora ricevo.
Sento il bisogno di condurre una vita semplice e ho spesso la penosa consapevolezza di chiedere all’attività dei miei simili più di quanto non sia necessario. Mi rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella violenza; ma credo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, per il corpo e per lo spirito. Non credo affatto alla libertà dell’uomo nel senso filosofico della parola. Ciascuno agisce non soltanto sotto l’impulso di un imperativo esteriore, ma anche secondo una necessità interiore. L’aforisma di Schopenhauer: «E’ certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere che ciò che vuole», mi ha vivamente impressionato fin dalla giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di prove imposte dalla durezza della vita, quelle parole sono sempre state per me un conforto e una sorgente inesauribile di tolleranza. Aver coscienza di ciò contribuisce ad addolcire il senso di responsabilità che facilmente ci mortifica, e ci evita di prendere troppo sul serio noi come gli altri; si è condotti così a una concezione della vita che lascia un posto singolare allo humour.

La libertà e la giustizia #3/7

scritto da Albert Einstein (prima parte)(seconda parte)

Il sistema economico ostacola la libera evoluzione. A mio avviso l’attuale decadenza sociale dipende dal fatto che lo sviluppo dell’economia e della tecnica ha gravemente esacerbato la lotta per l’esistenza e quindi la libera evoluzione degli individui ha subìto durissimi colpi. Ma per soddisfare i bisogni della comunità, il progresso della tecnica esige oggi dagli individui un’attività assai minore. La divisione razionale del lavoro diverrà una necessità sempre più imperiosa e porterà alla sicurezza materiale degli uomini.

E questa sicurezza, unita al tempo e all’energia che resterà disponibile, può essere un elemento favorevole allo sviluppo della personalità. In questo modo la società può ancora guarire e noi vogliamo sperare che gli storici futuri presenteranno le manifestazioni patologiche del nostro tempo come le malattie infantili di una umanità dalle possenti aspirazioni, provocate dalla corsa troppo rapida della civiltà.
Sono fermamente convinto che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero spingere l’umanità più avanti anche se esse si trovassero nelle mani di un uomo totalmente consacrato all’evoluzione del genere umano. Solo l’esempio di personalità grandi e pure può condurre a nobili pensieri e ad elette azioni. Il denaro suscita soltanto egoismo e spinge sempre, irresistibilmente, a farne cattivo uso. Si possono immaginare Mosè, Gesù o Gandhi armati della borsa di Carnegie? Ben singolare è la situazione di noialtri mortali. Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito. Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia.
Ecco il mio costante pensiero di ogni giorno: la vita esteriore ed interiore dipende dal lavoro dei contemporanei e da quello dei predecessori; io devo sforzarmi di dar loro, in eguale misura, ciò che ho ritenuto e ciò che ancora ricevo.
Sento il bisogno di condurre una vita semplice e ho spesso la penosa consapevolezza di chiedere all’attività dei miei simili più di quanto non sia necessario. Mi rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella violenza; ma credo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, per il corpo e per lo spirito. Non credo affatto alla libertà dell’uomo nel senso filosofico della parola. Ciascuno agisce non soltanto sotto l’impulso di un imperativo esteriore, ma anche secondo una necessità interiore. L’aforisma di Schopenhauer: «E’ certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere che ciò che vuole», mi ha vivamente impressionato fin dalla giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di prove imposte dalla durezza della vita, quelle parole sono sempre state per me un conforto e una sorgente inesauribile di tolleranza. Aver coscienza di ciò contribuisce ad addolcire il senso di responsabilità che facilmente ci mortifica, e ci evita di prendere troppo sul serio noi come gli altri; si è condotti così a una concezione della vita che lascia un posto singolare allo humour.

La libertà e la giustizia #3/7

scritto da Albert Einstein (prima parte)(seconda parte)

Il sistema economico ostacola la libera evoluzione. A mio avviso l’attuale decadenza sociale dipende dal fatto che lo sviluppo dell’economia e della tecnica ha gravemente esacerbato la lotta per l’esistenza e quindi la libera evoluzione degli individui ha subìto durissimi colpi. Ma per soddisfare i bisogni della comunità, il progresso della tecnica esige oggi dagli individui un’attività assai minore. La divisione razionale del lavoro diverrà una necessità sempre più imperiosa e porterà alla sicurezza materiale degli uomini.

E questa sicurezza, unita al tempo e all’energia che resterà disponibile, può essere un elemento favorevole allo sviluppo della personalità. In questo modo la società può ancora guarire e noi vogliamo sperare che gli storici futuri presenteranno le manifestazioni patologiche del nostro tempo come le malattie infantili di una umanità dalle possenti aspirazioni, provocate dalla corsa troppo rapida della civiltà.
Sono fermamente convinto che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero spingere l’umanità più avanti anche se esse si trovassero nelle mani di un uomo totalmente consacrato all’evoluzione del genere umano. Solo l’esempio di personalità grandi e pure può condurre a nobili pensieri e ad elette azioni. Il denaro suscita soltanto egoismo e spinge sempre, irresistibilmente, a farne cattivo uso. Si possono immaginare Mosè, Gesù o Gandhi armati della borsa di Carnegie? Ben singolare è la situazione di noialtri mortali. Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il perchè, ma assai spesso crede di averlo capito. Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità, ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci incatena un vincolo di simpatia.
Ecco il mio costante pensiero di ogni giorno: la vita esteriore ed interiore dipende dal lavoro dei contemporanei e da quello dei predecessori; io devo sforzarmi di dar loro, in eguale misura, ciò che ho ritenuto e ciò che ancora ricevo.
Sento il bisogno di condurre una vita semplice e ho spesso la penosa consapevolezza di chiedere all’attività dei miei simili più di quanto non sia necessario. Mi rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella violenza; ma credo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, per il corpo e per lo spirito. Non credo affatto alla libertà dell’uomo nel senso filosofico della parola. Ciascuno agisce non soltanto sotto l’impulso di un imperativo esteriore, ma anche secondo una necessità interiore. L’aforisma di Schopenhauer: «E’ certo che un uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere che ciò che vuole», mi ha vivamente impressionato fin dalla giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di prove imposte dalla durezza della vita, quelle parole sono sempre state per me un conforto e una sorgente inesauribile di tolleranza. Aver coscienza di ciò contribuisce ad addolcire il senso di responsabilità che facilmente ci mortifica, e ci evita di prendere troppo sul serio noi come gli altri; si è condotti così a una concezione della vita che lascia un posto singolare allo humour.

FotoAscolto #70

FotoAscolto #70

Lluís Calvo

il sabato poesia: Teoria del caos

Il passaggio delle nuvole brucia i fulmini
della sera
e accende profili sulle pareti di un vento
che diluisce nell’acqua.
Dall’ombra, lontana,
mi guardi con occhi
che seguono percorsi non raggiunti
dal caso.
Ogni istante, ogni gesto,
ogni fruscio in boschi sonnecchianti –
il percorso d’una foglia che cade a terra,
volubile e danzerina –
si accorda a delle leggi silenti.

Soltanto spezzando il fragile equilibrio,
il disordine di un tempo scostante
e lieve,
sapremo che tutto era appeso,
irrimediabilmente
a un filo troppo sottile per reggerci.

[artesica]

Lluís Calvo

il sabato poesia: Teoria del caos

Il passaggio delle nuvole brucia i fulmini
della sera
e accende profili sulle pareti di un vento
che diluisce nell’acqua.
Dall’ombra, lontana,
mi guardi con occhi
che seguono percorsi non raggiunti
dal caso.
Ogni istante, ogni gesto,
ogni fruscio in boschi sonnecchianti –
il percorso d’una foglia che cade a terra,
volubile e danzerina –
si accorda a delle leggi silenti.

Soltanto spezzando il fragile equilibrio,
il disordine di un tempo scostante
e lieve,
sapremo che tutto era appeso,
irrimediabilmente
a un filo troppo sottile per reggerci.

[artesica]

Damien Hirts

“Io credo che diventare un marchio di fabbrica sia un momento importante della vita. E’ il mondo nel quale viviamo. Devi averci a che fare, capirlo e cavalcarlo. Fino a quando non diventi la proiezione di te stesso, non sarai in grado di fare degli altri Damien Hirst“.
Damien Hirts

[via]

Damien Hirts

“Io credo che diventare un marchio di fabbrica sia un momento importante della vita. E’ il mondo nel quale viviamo. Devi averci a che fare, capirlo e cavalcarlo. Fino a quando non diventi la proiezione di te stesso, non sarai in grado di fare degli altri Damien Hirst“.
Damien Hirts

[via]